Il destino dei ricordi
Ho fatto un sogno terrificante.
Avevo comprato un super computer, bello, nuovo di pacca, con un processore quantistico e una memoria pazzesca. Sicché decidevo di dare una svolta e di mettere finalmente in ordine tutti i file depositati in una decina, tra hard disk e chiavette, dove avevo salvato decenni di attività ludiche e di lavoro.
Il mio super computer aveva tutte le porte usb che si potessero desiderare e potevo collegare tutti i dispositivi contemporaneamente per cui, una volta inseritili, avviavo la migrazione in massa verso nuove cartelle, omogenee e razionali.
Un leggerissimo fruscio, appena avvertibile, mi confermava la transumanza e io mi rilassavo sullo schienale della sedia, godendo al pensiero che tutto quel lavoro venisse fatto senza una goccia di sudore da parte mia. Ma poi succedeva qualcosa.
Avvertivo un odore acre di bachelite bruciata, mentre un fumetto azzurrino emanava da una delle chiavette. Allora, per un riflesso incauto, correvo a spegnere il pc pigiando sul tasto d'accensione. Ma subito mi coglieva un dubbio: forse non era stata la cosa giusta da fare. Ricordo che toccavo l'apparecchio e lo trovavo molto caldo. Troppo caldo.
Calma, mi dicevo a quel punto, lasciamolo raffreddare: non sarà successo niente; quindi, uscivo sul balcone con un'ansia montante, per lasciar passare qualche minuto, pentendomi di aver smesso di fumare.
Dopo un po' ritornavo e riaccendevo il computer. Windows ver. 28 mi avvisava che il sistema stava riavviando in modo anomalo. Alla fine ricompariva il mio solito desktop, annunciato dalla solita sigletta, come al solito antipatica. Poi, con un attimo di esitazione, andavo ad esplorare i dispositivi usb.
Orrore: inaccessibili. “Nessun hard disk presente” - “Errore non definito” - “Vuoi formattare?”. No, maledizione, non volevo formattare. Rivolevo le mie cose. Dopo mezz'ora di tentativi e riavvii, mi arrendevo e uscivo in strada a camminare, sconvolto, in cerca di una tabaccheria. E realizzavo.
Cosa avevo perso? Tutto, e le perdite mi tornavano alla mente una alla volta: la scansione delle bollette, le foto del militare, le procedure di lavoro, la ricetta originale dei bocconotti, la musica e i film oramai introvabili, il manuale di manutenzione della motozappa, le lettere d'amore di... (oddio, come si chiamava?), le mie poesie giovanili.
Ero diventato, di colpo, un uomo senza passato e con un presente che levitava sull'inconsistenza, con una gran paura, portata a galla da fiotti di consapevolezza. Cosa mi sarebbe successo? Avrei dovuto ripagare le bollette? E il lavoro? E la motozappa? E il programma di installazione piratato e crackato di Age of Empire 2?
Alla fine mi ha svegliato la tachicardia. Con calma, sono tornato alla realtà. Che sollievo, era stato solo un sogno ed i miei file erano ancora tutti lì. Però, non è più come prima.
Sento che ora, nel mio profondo, si è autoinstallato un senso di profonda insicurezza. Forse dovrei mettere tutto in cloud; ma se poi qualcuno va a leggere le mie frasi erotiche a... (accidenti... ma come si chiamava?) e mi ricatta? Forse sarebbe saggio stampare tutto, ma dove metterei centoquarantaseimilasettecentoventisette file? Incredibile: ho vissuto così intensamente?
No, credo che mi metterò a cercare il capo del filo perso decenni fa, quando si faceva tutto senza computer e quel maledetto arnese non era ancora entrato nella mia giornata. Il filo che mi ricondurrebbe alla mia vecchia, salubre esistenza analogica.
Sì, sarebbe senza dubbio la soluzione migliore. Ma ce la farei?
Comments