(S)Kill!
Sto diventando vecchia: gli adolescenti mi danno del lei, vado in ansia quando i miei figli tardano di quarantacinque secondi nel percorrere il tragitto scuola-casa, sono diventata totalmente intollerante ai seguaci dei reality show e ai lettori di Fabio Volo, e tra un po’ – ne sono certa – inizierò a guardare i cantieri con occhi diversi.
Ma prima di tatuarmi “si stava meglio quando si stava peggio” sul braccio, ho deciso di combattere la mia personalissima battaglia contro l’italianizzazione selvaggia delle parole inglesi e in particolare contro la distorsione indecente e indecorosa della parola “skill”.
Nel mio mestiere di formatore l’utilizzo delle parole inglesi è molto comune, un po’ perché effettivamente ci sono termini che non trovano un loro corrispondente perfetto – soprattutto a livello connotativo - nella lingua italiana (leadership, per esempio), e un po’ perché vuoi mettere la differenza tra dire “ho fissato una call alle 11:00” e “devo fare una telefonata alle 11:00”? Vuoi mettere?
Se la telefonata è banale, la call è profescional pure se devi chiama’ Maurizio l’idraulico - detto Bill - perché venga a liberarti dalle mefistofeliche esalazioni dello scarico della doccia con un esorcismo.
Generalmente i sostenitori della call a oltranza si fanno prendere un po’ la mano e iniziano a leggere anche il latino in inglese, per cui errata corrige diventa errata còrrridg e curriculum diventa curriculums al plurale (roba che l’imperatore Claudio vi prenderebbe a sberle).
Che aspirino al titolo di baronetti come i quattro scarrafoni di Liverpool? Pò esse’. E tuttavia il problema non è – MAI! – l’ignoranza ma la presunzione: è di fronte a questa che mi sanguinano le orecchie.
“Complimenti! Sei veramente skillata!”
Vedete, io sono una donna forte e brillante (chiaramente non modesta), bilancio pragmatismo e leggerezza calviniana, credo nell’autodeterminazione e nello zio di Peter Parker quando gli dice che da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Ma di fronte a skillata mi va la mano al revolver.
Peggio di "scendi il cane che lo piscio", peggio di qual’è, peggio di razzionale, peggio di instagrammalo!, “skillata” è la sconfitta dell’endecasillabo sciolto, la disfatta dell’ermetismo, la mortificazione del futurismo.
Persino il lonfo di Fosco Maraini, che pure “non vaterca ne’ gluisce / e molto raramente barigatta” snobba la skillatura e più in generale la depravazione della parola skill.
Cosa mai ci sarà di così osceno nell’aggettivo “competente” da dover essere ammantato da “skillato/a”? Vi disturba forse il numero delle sillabe? La combinazione di consonanti labiali e dentali?

Nessuna skill potrà mai eguagliare l’etimologia della parola “competente”, dal latino competĕns – entis, part. pres. di competĕre, verbo competere. Competente, pertanto, non è solo colui che è in grado di, che è capace di, che ha le conoscenze e le abilità per. Competente è colui che compete. Giammai colui che skilla.
E se proprio non riuscite a cogliere la bellezza di questa sfumatura, se proprio non potete resistere al fascino dell’anglosassone idioma, abbiate almeno la compiacenza di lasciare “skill” immutato e immutabile. Una volta che portate le parole inglesi nella lingua italiana, dovete tenervele così come sono, restano invariabili anche al plurale: skill, quindi, e NON skills. La S non va aggiunta ne’ ora ne’ mai. Anzi, io vi invito a togliere pure quella che già c’è: vista la fattura di Maurizio – detto Bill - passiamo da skill a kill e che Quentin ci indichi la via.
Mortacci sua pareva brutto.