Sono felice
Professor Ammaraggio me lo disse senza starci a girare troppo intorno:
“Dopo l’intervento sarà una persona nuova, non abbia timore.”
Io timore ne avevo, eccome. Dovevano infilarmi un bisturi nel cervello, nel lobo destro, per l’esattezza, e asportare un‘area, neanche troppo vasta, dove ha sede il centro dell’empatia. Ma non avevo alternative. O meglio, l’unica alternativa era il dolore, e io, francamente, avevo esaurito ogni minimo residuo di resistenza. La degenza non fu nemmeno tanto lunga, e quando uscii dalla clinica ero senza bende e un colorito cosi roseo da commuovere l’equipe medica e guadagnare senza chiederlo uno sconto del 10% sul totale della parcella.
Una soddisfazione. Ma avevo una necessità impellente a cui dovevo attendere: cambiare lavoro, che rispondesse a nuove esigenze e fosse in accordo con il mio nuovo status. Facendo leva sulla mie attitudini allo studio, vinsi senza fatica un concorso alla Poste e dimenticai la Scuola. Da docente a impiegata il salto fu enorme. La mia vita cambiò radicalmente. Ero una donna nuova. Ammaraggio era stato di parola e io non finirò mai di essergli grata. La mia vita trascorre così: a compilare moduli, trascrivere dati di bollettini, inviare e ricevere pacchi. Il tutto senza necessariamente guardare negli occhi il cliente, anzi, se posso evito, in modo che non sorgano inaspettate curiosità sulla sua vita, sui suoi trascorsi sentimentali, sull’identità dei suoi familiari, se la sua casa è sufficientemente calda, se può permettersi di andare una volta a teatro, se ha amici a cui confidare le sue tristezze e le sue gioie, se ha parenti tossici o in galera. Insomma, da quando sono qui, dietro il lungo bancone di Poste Italiane, non ho pensieri. Ho uno sguardo vivo, la pelle senza segni, capelli in ordine, articolazioni lubrificate, unghie curate, gengive rosee, pressione sanguigna nei valori ottimali, cuore al top. Sofferenza: nessuna.
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