Caro John Smith,
era un mesto pomeriggio del 1995 e il sole già tramontava. L'aria viziata impregnava la moquette del cinema mentre i titoli di coda scorrevano sfacciatamente sul grande schermo come le lacrime sul mio viso. Quella fu l’ultima volta che ti vidi, John Smith.
Eri mezzo morto e partivi alla volta del vecchio continente, mentre i colori del vento ti portavano l’ultimo straziante saluto di Pocahontas.
Avrei continuato a piangere sul picco di quel fiordo insieme a Pocahontas, se non avessi deciso a distanza di 20 anni di guardare Pocahontas II – Viaggio nel nuovo mondo.
Non sono mai riuscita ad accettare il fatto che te ne fossi andato, forse eri persino morto durante la traversata oceanica. Io sono rimasta a piangerti o alternativamente ad aspettarti per tutto questo tempo.
Ogni giorno scrutavo l'orizzonte, ho ascoltato i tuoi silenzi senza mai cercare di riempire il vuoto lasciato dalla tua partenza e senza mai smettere di sperare che saresti tornato, portato dal vento che ti aveva spinto via.
Venti anni John, venti lunghissimi anni! E neppure una lettera, un segnale di fumo, un piccione viaggiatore...
Ora che ti ho rivisto, caro il mio John Smith, ora che so che tu, la tua mascellona e la tua abnorme concavità nel mento siete salvi, posso affermare con orgoglio a nome mio e di tutta la tribù di bambini che ha pianto convulsamente vedendoti sparire all’orizzonte che sei il più grande esempio di codardia, uno scempio, una viltà!
Selvaggio sarai tu e la pingue civiltà colonizzatrice, il proselitismo cristiano con tutti i suoi fardelli morali e la piccola borghesia incipriata.
È inutile che ti sforzi John Smith, la lince non la capirai mai! Mai!